La costa sud dell’Islanda è la zona più turistica insieme al Circolo d’Oro.
Da Selfoss (che si trova a circa 45 min dalla capitale e sul Circolo d’Oro) a Höfn, 400 km, sono davvero tanti i luoghi che meritano una sosta.
La maggior parte di questi si trovano lungo la Ring Road (Strada 1) o poco distante dalla strada principale. Solo in alcuni casi sono previsti trekking più lunghi.
Noi ci siamo limitati alle principali attrazioni tutte accessibili in autonomia, facilmente e gratuitamente, e non abbiamo preso parte ad escursioni su ghiacciai, montagne o nelle cave di ghiaccio. Perché? Prima di tutto perché Simone ha un ginocchio fuori uso, secondo perché alcune di queste escursioni sono davvero molto care (ad esempio quelle nelle cave). Sicuramente vale la pena andare, quindi consiglio a tutti coloro che da settembre ad aprile vogliono organizzare un viaggio in questa parte dell’Isola di contattare alcune agenzie (andare da soli è impensabile!).
Percorrere la Ring Road (Hringvegur) da Reykjavík a Höfn può richiede circa 2 giorni.
Noi ci abbiamo messo un po’ di più perchè abbiamo deviato per Heimaey Island e perchè non amiamo particolarmente quei viaggi “mordi e fuggi”. So che spesso è una questione anche di tempo, se si ha solo una settimana è necessario velocizzarsi. L’ho sempre fatto anche io… ma con gli anni ho imparato che, anche quando non ho molti giorni per visitare un posto, è meglio e preferisco vedere meno cose ma bene. Si incontrano spesso persone che neanche guardano la cascata: la fotografano con gli occhi fissi sul cellulare nel cellulare, controllano la foto nel cellulare, pubblicano la foto dal cellulare e poi passano oltre. Detto questo, ognuno poi vive il viaggio come meglio crede.
Queste le tappe del nostro itinerario:
- Reykjadalur Hot Spring
- Seljalandsfoss e Gljúfrafoss
- Seljavallalaug
- Drangurinn Rock
- Skógafoss
- DC-3 Plane Wreck
- Vik, Reynisfjara, Reynisdrangar, Dyrhólaey
- Fjaðrárgljúfur
- Svartifoss
- Parco nazionale Skaftafell, Skaftafells Glacier
- Fjallsarlon, Jokulsarlon
Siamo partiti da Reykjavík e ci siamo fermati subito a Hveragerði, un piccolo paese tra la capitale e Selfoss. Qui abbiamo seguito le indicazioni per Reykjadalur Hot Spring Thermal River. Si tratta di un fiume con acqua termale (calda a circa 38 gradi) dove è possibile fare il bagno anche in inverno (per maggiore indicazioni su terme e hot springs cliccare qui).
Dal parcheggio si raggiunge la zona balneabile con una splendida e panoramica passeggiata di circa 3,5 km in montagna. Non è particolarmente difficile e lo spettacolo che la natura regala lungo il percorso ricompensa della fatica. Purtroppo qualche settimana dopo il nostro arrivo il sentiero è stato chiuso, ce lo ha detto una ranger che abbiamo incontrato a Fjaðrárgljúfur: il fango lungo il percorso (causato dalle piogge) aveva spinto molto turisti ad addentrarsi in “fuori pista” che hanno alterato notevolmente l’ambiente tanto da imporre la chiusura della camminata. (Lascio questo link per approfondire il tema della fragilità ambientale e del mal turismo in Islanda).
Noi comunque siamo arrivati al fiume in una giornata non particolarmente fredda (c’era circa -2 gradi) ma estremamente ventosa: le raffiche raggiungevano i 40 km/h.
Una passerella di legno permette di avvicinarsi alle sponde e scendere in acqua. Alcune strutture in legno (due pareti disposte a croce che creano 4 piccoli spazi, tipo spogliatoi con due lati aperti e due schermati) consentono di cambiarsi. Certo non riparano né dal freddo né dal vento… e neppure da sguardi indiscreti, ma vi posso assicurare che in quella occasione era talmente alta la paura di morire di freddo che: 1 – se qualcuno mi avesse visto in déshabillé non me ne sarebbe importato molto, 2 – nessuno, con quel freddo, avrebbe perso tempo per guardare gli altri! Detto ciò, se posso darvi un consiglio, arrivate già col costume sotto. Il problema si ripresenterà usciti dall’acqua, quando dovrete togliervi il costume per rivestirvi da montagna con la neve, ma almeno non perderete tempo pensando che state facendo una scemenza, perché a quel punto la scemenza l’avrete già fatta!
Ma in realtà non è una scemenza non è. Tante persone che abbiamo incontrato lungo il viaggio ci hanno consigliato questi luoghi in alternativa a più costosi e affollati centri termali, sono i luoghi che i veri islandesi frequentano, le vere hot springs.
Ed è una sensazione bellissima, anche da un punto di vista fisico, alternare il freddo esterno con il caldo dell’acqua naturale. Nonostante i 7 km tra andata e ritorno e lo shock da freddo mi sono sentita rigenerata. Ma se mi avessero chiesto perchè l’ho fatto non avrei saputo rispondere…Non è un’esperienza che ti cambia la vita, e non è che per conoscere l’Islanda devi per forza sottoporti alla terapia del gelo
Ci ho pensato a lungo…e poi ho capito.
Per me viaggiare significa spogliarmi di tutti quei comportamenti, atteggiamenti, pensieri razionali ed a volte emotivi che ho costruiti negli anni. Significa liberarmi dalle famose sovrastrutture e mettermi alla prova con qualcosa che normalmente non farei, per vedere com’è, per vedere l’effetto che fa, per arrivare, in questo modo, alla vera me. Più leggera, meno cervellotica. Quando mi allontano dal mio ambiente abituale provo a lasciare a casa quelle che sono le abitudini di una vita per conoscerne e provarne altre, che magari non mi piaceranno, o forse sì. Non dico che le abitudini di una vita, i comportamenti, il proprio essere sia sbagliato, anzi! Dico che in viaggio io mi diverto a scoprire se qualche abitudine è solo comodità, se starei meglio senza, e se ne posso aggiungere di nuove a quelle vecchie. E così mi metto alla prova per superare i miei limiti, diventando più forte, più consapevole. E il risultato è che mi sento più libera.
Tornando al viaggio.
Superato il paese di Selfoss lungo la strada, sulla sinistra, si intravede da lontano la splendida cascata di Seljalandsfoss.
In questo caso il parcheggio è a pagamento e consiglio di arrivare la mattina presto perché, nonostante sia molto capiente si riempie in fretta. Dal parcheggio parte un percorso semplice e breve che porta prima a Seljalandsfoss. È possibile camminare ed arrivare fin dietro la cascata ammirando la parete di acqua che scende potente da 60 m d’altezza.

(foto: Anna Luciani)
Proseguendo il cammino si arriva poi alla cascata “segreta” di Gljúfrafoss (Gljufrabui Waterfalls). Questa cascata è protetta da una parete di roccia in cui una profonda crepa da cielo a terra lascia intravedere sul fondo la cascata. Per ammirarla da vicino è necessario inoltrarsi lungo il ruscello che fuoriesce dalla pozzo della cascata, camminando in equilibrio sulle rocce e appoggiandosi alle pareti umide. Lo spettacolo, quando si arriva dentro questa “stanza senza soffitto” e dove una delle pareti è completamente coperta di acqua, merita la (brevissima) traversata. Sarà difficile fotografarla perché gli schizzi bagnano parecchio (se avete un impermeabile indossatelo!) ma nonostante questo entrate! Tra l’altro se avete scarponcini in goretex potete procedere tranquilli anche lungo ruscello.
Sul lato sinistro della Strada 1, per lunghi tratti, le pareti rocciose dei sistemi montuosi, disegnate da fili argentati di acqua che dall’altopiano scendono verso valle, ci hanno accompagnato regalandoci scenari davvero suggestivi.
A soli 15 minuti da Seljalandsfoss si arriva ad una piscina di acqua termale, una delle più antiche dell’Islanda: Seljavallalaug. Si tratta di una piscina gratuita di 25 x 10 m. Per raggiungerla è necessario camminare per circa 1 km “risalendo” il letto ghiaioso di un fiume (quando siamo andati noi era praticamente secco, ma in ogni caso c’è un sentiero rialzato sulla sponda sinistra). La piscina viene ripulita una volta all’anno in estate, quindi l’acqua non è limpida e spesso sono presenti foglie e rametti. Qui ci sono degli spogliatoi in muratura comodi per cambiarsi soprattutto nelle giornate meno soleggiate. Io ero arrivata con l’idea di rituffarmi, ma devo essere sincera: l’acqua della piscina non era calda come la immaginavo, e visto che fuori il tempo era particolarmente grigio e freddo ho lasciato perdere. Però vi consiglio di visitarla.
Proseguendo lungo la Ring Road prima di arrivare alle famose cascate di Skógafoss si può ammirare sempre sulla sinistra una strana roccia, chiamata Drangurinn Rock.
A Drangshlíð, ai piedi del monte Eyjafjöll, c’è un misterioso masso, alto quanto 20 uomini, chiamato Drangurinn Rock. Si narra che la sua collocazione non sia avvenuta in maniera naturale, ma che la roccia sia stata staccata dal monte Hrútafell da un leggendario fuorilegge, e gettata nel campo dove oggi la vediamo. Ma le leggende riguardanti Drangurinn Rock non si limitano alla sua posizione. Sotto la roccia infatti esistono ampie caverne che i contadini usavano come stalle per i propri animali. In queste caverne si dice abitassero (abitano?) gli elfi, che durante le notti più buie si prendevano cura degli animali. In particolar modo gli elfi aiutavano le mucche a partorire di notte e accudivano mamma e cucciolo fino al mattino seguente. Nessun contadino o dipendente della fattoria poteva assistere. Ogni volta che qualcuno ha provato ad aiutare una mucca a partorire durante la notte ha subito qualche contrattempo o si è “misteriosamente” addormentano, trovando comunque l’indomani entrambi gli animali in perfette condizioni e salute. Uno degli uomini assunti dalla fattoria per lavorare stagionalmente raccontò di aver incontrato gli elfi, descrivendoli come piccole persone, molto simili agli umani. Finito il suo periodo di lavoro quest’uomo scomparve, e tutti capirono che sposò una donna elfo.
La tappa successiva, facilmente raggiungibile dalla strada principale è la maestosa cascata di Skógafoss, anch’essa alta 60 metri, originata dal fiume Skógaá, proveniente dal ghiacciaio Eyjafjallajökull.
Un tempo la cascata si gettava da una scogliera direttamente nel mare che oggi, invece, dista alcuni chilometri. Ad est della cascata sale una scalinata di circa 500 scalina che porta fino in cima, dove il fiume si getta verso valle e da lì inizia il famoso sentiero Laugavegur, fino al passo Fimmverðuháls e poi oltre attraverso il Þórsmörkverso Landmannalaugar. Noi lo abbiamo percorso solo per poche centinaia di metri seguendo il fiume Skógaá che regala scorci davvero meravigliosi. Una leggenda narra che il primo vichingo ad essersi stabilito nella zona, Þrasi Þórólfsson, nascose un tesoro, un forziere ricolmo di monete d’oro, nella caverna dietro la cascata e quando il sole colpiva con i suoi raggi l’acqua era possibile vedere il riflesso dorato delle monete (peccato che quando siamo arrivati noi il cielo fosse completamente coperto!). In molti hanno cercato il tesoro, ed un ragazzo ebbe successo. Trovò il forziere e, attaccando una corda ad uno degli anelli laterali, iniziò a tirare, ma l’anello si ruppe e il forziere affondò. L’anello d’argento con incisioni runiche fu in seguito usato come maniglia del portale della chiesa di Skógar e può essere oggi ammirato al museo. Alla grandiosa Skógafoss, depositaria del segreto di Þrasi, è attribuito anche un potere magico: si dice che chiunque si bagni nelle sue acque possa ritrovare un oggetto perduto e a lungo cercato.
A pochi km da Skógafoss verso est lungo la Ring Road, sulla destra, si nota un parcheggio spesso affollato ma non particolarmente segnalato: è il punto di partenza per visitare il famoso DC-3 Plane Wreck. Si tratta della carcassa di un aereo appartenente all’US Navy precipitato nella sabbia nel 1973 poichè rimasto a secco di carburante. Vi dico la verità: nonostante sia una delle attrazioni più famose dell’Islanda, dopo una giornata intera in giro a visitar cascate, percorrere sentieri di montagna, fotografare “sculture” di pietra, siamo arrivati al parcheggio nel tardo pomeriggio stanchissimi e non ce la siamo sentita di fare altri 3 km verso il mare per raggiungere l’aereo, e altrettanti a tornare indietro. Noi abbiamo deciso di non fermarci. Quindi non posso dirvi se ne vale la pena oppure no. Ci sono tante foto suggestive sul web, sicuramente arrivare la mattina presto (senza troppi turisti attorno) o la sera al tramonto per poi aspettare l’aurora potrebbe essere una scelta saggia!
Vik è la cittadina più grande della costa sud, dove l’offerta turistica in termini di servizi è completa (negozi, bar, supermercato, stazione di benzina ecc.). Chiaramente è sempre presa d’assalto dai turisti, ma vale la pena fermarsi per godere di alcuni paesaggi unici e affascinanti: uno dei luoghi più famosi della zona è la Reynisfjara, la spiaggia nera. La sabbia è davvero scurissima e la schiuma delle onde del mare che si infrangono potenti sulla battigia crea contrasti e un’atmosfera magica. Questa spiaggia è resa spettacolare non solo dal colore della sua sabbia, ma per la bellezza delle rocce tutt’attorno. Il promontorio sulla sinistra sembra un’opera d’arte ricoperto di una texture tridimesionale creata ad hoc da un artista. E invece è “solo” natura. Rocce basaltiche esagonali creano una parete dinamica e bellissima. Poco distanti dall’isola, nel tempestoso mare del nord, spiccano invece tre colonne di basalto, le famose Reynisdrangar. La leggenda narra che siano tre trolls sorpresi e pietrificati dalla luce del giorno.
Verso est invece si intravede il promontorio del faro, detto Dyrhólaey (sul quale si può accedere solo con un 4×4 percorrendo un sentiero che si dirama verso destra dalla Strada 1 qualche km prima di raggiungere Vik). Dyrhólaey è una penisola di origine vulcanica. Il suo nome è composto da tre parole che la descrivono: hóla che significa collina, eyja che significa isola, ed infine dyr che significa porta, riferita al gigantesco arco nero di lava prospiciente la penisola, sul mare. Consiglio di salire e ammirare il paesaggio dall’altro: è lì che per la prima volta ho pensato di essere dentro un quadro che non sarei mai riuscita ad immaginare se non lo avessi visto con i miei occhi tanto era bello ciò che la natura aveva creato.
Preoeguendo in direzione Höfn abbiamo raggiunto il canyon Fjaðrárgljúfur.
Questo canyon pittoresco è stato scavato dal fiume Fjarðrá e risale a circa due milioni di anni fa. Il canyon si trova a 3,5km a nord della Ring Road, e lo si raggiunge a piedi attraversando i campi di lava* (chiamati Lakagigar) oppure in auto lungo la strada n. 206 (al cartello per Laki imboccate la strada a sinistra). Ci si arriva prima che la strada si trasformi in una pista F. Un sentiero percorribile a piedi ne segue il versante meridionale per un paio di chilometri, consentendo di ammirare in più punti le profondità rocciose e contorte. Purtroppo quando siamo andati noi il sentiero era chiuso. Giunti al canyon abbiamo parlato a lungo con una Ranger, Fanny (il suo nome, in islandese, significa isola di neve, ci ha detto) “I turisti non sono più interessati a vivere la natura, a sentirla, a guardarla e a conoscerla. La cosa più importante è scattarsi selfie e mettere in moto i droni. Il canyon purtroppo non è più esplorabile perchè troppe persone escono dai percorsi segnati (a causa del fango che spesso riveste l’intero cammino) calpestando senza ritegno le formazioni di muschio ai lati. Il muschio di questa zona impiega più di 70 anni per riformarsi. La natura islandese è una natura molto fragile e delicata, soprattutto in questo periodo: il ghiaccio e la neve si sciolgono lasciando uno strato di una decina e più di centimetri di acqua sul terreno. Calpestare il terreno in queste condizioni significa distruggere completamente la flora. Ieri abbiamo chiuso questo percorso, presto chiuderemo anche il cammino che porta a Reykjadalur Hot Spring Thermal River”.
Una delle tappe imperdibili della costa sud è il cammino che porta alla cascata di Svartifoss (Le cascate nere).

Svartifoss (foto: Anna Luciani)
Dopo aver parcheggiato l’auto nel parcheggio del centro informazioni è possibile partire per diversi percorsi all’interno del Parco nazionale Skaftafell. Quando siamo arrivati noi, sotto una fitta e soffice nevicata, la maggior parte dei sentieri era chiusa a causa del maltempo e dei malturisti. Per fortuna il percorso per raggiungere Svartifoss era percorribile. Si tratta di una camminata di un paio di km, leggermente in salita ma semplice, fino ad arrivare in una delle cascate più scenografiche del mondo. La parete di roccia (di origine vulcanica) sembra un immenso organo a canne di basalto di altezza diversa che creano un effetto tridimensionale pazzesco.
Il Parco nazionale Skaftafell comprende la valle Morsárdalur, il monte Kristínartindar ed il ghiacciaio Skaftafellsjökull; quest’ultimo costituisce una propaggine nel grande ghiacciaio Vatnajökull. L’intera area è stata formata da diversi eventi di natura vulcanica (eruzioni vulcaniche del Öræfajökull e esplosioni dei ghiacciai Skeiðarájökull e Skaftafellsjökull) nel corso di migliaia di anni. Piccole eruzioni vulcaniche sotto il ghiacciaio possono dare origine a fiumi ghiacciati (islandese: jökulhlaup) che contribuiscono ad ingrossare il fiume Skeiðará in modo massiccio.
La terra desolata e sabbiosa tra il ghiacciaio ed il mare causata dall’esplosione del lago ghiacciato è chiamata Sandur**. L’ultima esplosione di questo tipo risale al 1996.
Le lingue di ghiaccio (tra cui lo Skaftafells Glacier) che arrivano fino a valle possono essere facilmente ammirate dalla Ring Road e, seguendo alcuni percorsi sterrati, è possibile avvicinarsi per rendersi conto da molto vicino della forza della natura, della bellezza pachidermica di queste formazioni ghiacciate.
Ed infine, prima di arrivare a Höfn ci sono ancora due tappe molto interessanti: Fjallsarlon e Jokulsarlon. Si tratta di due laghi di origine glaciale.
Jokulsarlon è il più grande, il più famoso (e il più affollato). Una delle caratteristiche più sorprendenti e affascinanti è la presenza di numerosi iceberg che derivano dalla lingua del ghiacciaio Breiðamerkurjökull. Gli iceberg oltre a costellare l’intero lago si spiaggiano sulle rive di ghiaia nera trasformandosi magicamente in diamanti dalle forme più strade.
Fjallsarlon è meno famoso ma altrettanto suggestivo, ed è collocato pochi chilometri prima di Jokulsarlon.
Lungo tutta la costa sud, oltre a cascate, maestose montagne e lingue di ghiaccio, si susseguono particolare paesaggi, unici e molto caratteristici:
- *i campi di lava: sono aree che si estendono per decine di kmq, completamente ricoperte di lava nera sulla quale, negli anni, si è formato uno spesso strato di muschio verde brillante che caratterizza gran parte della costa sud. Questa formazione naturale unica e bellissima è altresì molto fragile: il muschio impiega circa 50/70 anni per riformarsi, ciò significa che è vietato calpestarlo (con le scarpe o con le ruote di veicoli di ogni genere). Esistono percorsi per addentrarsi in questi campi sterminati.

Campo di lava, Lakagigar (foto: Anna Luciani)
- **i sandar (sandur al singolare) cioè una pianura quasi desertica, costituita principalmente da sabbie vulcaniche e da detriti, generata dal trasporto di detriti da parte di un fiume glaciale. Il Skeiðarársandur sulla costa meridionale dell’islanda è il più grande del mondo. In questo caso le inondazioni sono generate dal ghiacciaio Skeiðarárjökull ed alimentate dai sistemi vulcanici del Grímsvötn e Öræfajökull. Il risultato delle inondazioni è la formazione di un deserto di sabbia che si estende dal Vatnajökull, fino al mare per circa 1300 kmq. La violenza dei flussi d’acqua nel caso di inondazione rappresenta una minaccia costante al Hringvegur (Ring Road o Strada 1), che attraversa il Skeiðarársandur con un ponte di 904 m di lunghezza. Nel 1996 lo Skeiðarársandur venne colpito duramente da una valanga causata da un’esplosione vulcanica sotto il ghiacciaio Vatnajökull. La forza dell’acqua travolse tutto e il tratto di strada statale presente nella zona, unica via di comunicazione verso i territori orientali, venne distrutto. Fortunatamente, data la scarsità della popolazione, i danni furono solo materiali e non vi furono vittime.
QUANTO STARE: Il nostro viaggio lungo la costa sud non è stato così lineare, siamo andati avanti e tornati indietro varie volte: per prendere il traghetto per l’isola Heimaey, dato che a causa del vento avevano spostato il porto di partenza, ma anche perchè, arrivando in questa zona a Pasqua e organizzandoci all’ultimo, abbiamo avuto difficoltà a trovare stanze per dormire a prezzo decente quindi qualche sera siamo dovuti tornare indietro per raggiungere la guesthouse più economica. Detto questo la costa sud può essere visitata con un giro veloce di due giorni (intensi e davvero rapidi). Il mio consiglio è quello di considerare nell’organizzazione almeno un giorno o due in più per poter percorrere alcuni dei sentieri più lunghi, e per potersi godere il paesaggio con calma. Sentendolo, osservandolo e non solo guardandolo e fotografandolo. Le tappe che vi ho descritto non si esauriscono in queste poche righe: ci sono molte camminate che non noi abbiamo percorso (per motivi di tempo e meteo). Considerate questo un itinerario di base dal quale partire per disegnare il proprio viaggio su misura
DOVE DORMIRE: In questa zona dell’Isola abbiamo provato varie sistemazioni, quelle che mi sento di consigliarvi sono:

Snotra Hostel (foto: Anna Luciani)
Qui trovate l’elenco completo di tutti gli itinerari e i rispettivi link: In Islanda lungo la Hringvegur (Strada 1) e alcuni consigli su come organizzare viaggio e valigia: Islanda – istruzioni di viaggio – organizzare da zero un viaggio in Islanda in inverno
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