Voglio vedere le Rose di Atacama – la mia avventura nel Nord del Cile

A volte ripenso ai miei primi VIAGGI.

Avevo 21 anni quando sono partita per la prima volta per il Sud America. Ci sarei rimasta 12 mesi e me ne sarei innamorata.

Sono tornata tante volte in quel continente affascinante, potente, accecante da tanta bellezza e da tanti contrasti. Il mio primo grande amore è stato il Brasile, ma ho avuto modo, negli anni, di avventurarmi tra i Paesi del Cono Sud: Uruguay, Paraguay, Argentina e Cile.

A volte ripenso a quei viaggi, quando ancora internet non era così diffuso (durante i 6 mesi in Argentina, per la tesi, per navigare stavamo ore negli Internet Point), quando i blog di viaggio non esistevano (si parla del 2003), quando le guide erano mattoni di Lonely Planet, che se non compravi di anno in anno le ristampe, usando quelle “vecchie” rischiavi di trovarti in un hotel a ore invece che in una pousada (come mi è successo a Rio de Janeiro).

A fine agosto 2005 Valeria ed io siamo partite per Cordoba, Argentina: 6 mesi per sviluppare il nostro progetto di tesi sulla riqualificazione di una Villa Miseria (= favela) della città. Ad ottobre abbiamo organizzato il primo viaggio di quel periodo: 15 giorni in autobus da Cordoba a Santiago e poi su, lungo la Cordigliera delle Ande verso Atacama: Copiapò e San Pedro, e poi Salta prima di tornare a Cordoba.

A volte ripenso a quel viaggio: una cartina stilizzata delle strade principali, le cabine del telefono per contattare gli ostelli o i b&b, spesso trovati all’arrivo sul posto. Le ore passate ai Terminales de Buses (che in Sud America sono una vera e propria esperienza di vita e di viaggio che consiglio a tutti) un’agendina dove annotare orari e prezzi e durata del viaggio.

A pensarci adesso mi chiedo come abbiamo fatto ad arrivare senza google maps, senza cellulari, senza internet ad anticiparci cosa avremmo trovato. A pensarci adesso riprovo un’emozione, un senso di avventura che difficilmente oggi riesco a trovare. Lo stupore e la meraviglia che all’improvviso riempiva gli occhi e il cuore aveva una potenza totalizzante, ogni tappa raggiunta era una vera conquista, ogni meta un nuovo mondo da scoprire.

Quando ci siamo dette “Andiamo a vedere il deserto fiorito” mica lo sapevamo cosa significasse davvero. Non avevamo idea di cosa volessero dire 19 ore di autobus da Cordoba a Santiago attraversando il Passo de Los Caracoles sulle Ande e poi ancora 11 ore da Santiago a Copiapó. In realtà avevo già viaggiato in “ônibus” in Brasile l’anno prima arrivando a 32 ore consecutive…

viaggi interminabili

dopo 32 ore in viaggio i miei capelli erano letteralmente in piedi. Marzo 2005 (foto: Valeria)

… e, nonostante la mia faccia nella foto, vi confesso che amo quei viaggi infiniti, osservando dal finestrino paesaggi lontani di una bellezza antica. Però ogni viaggio è un’avventura diversa e attraversa mondi diversi. Mondi che avevo sentito solo nominare, che avevo letto, ma mai visto.  Non avevo idea di cosa fosse un deserto, tantomeno un deserto coi fiori. Perché io, di Atacama, conoscevo solo le parole di Sepulveda: Eccole. Sono le rose del deserto, le rose di Atacama. Le piante sono sempre lì, sotto la terra salata. Le hanno viste gli antichi indios atacama, e poi gli inca, i conquistatori spagnoli, i soldati della guerra del Pacifico, gli operai del salnitro. Sono sempre lì e fioriscono una volta all’anno“.

Che poi in realtà i fiori sbocciano ogni 5/7 anni, e noi non eravamo neppure certe che fossero fioriti nella primavera australe del 2005. Siamo partite per la curiosità, per i racconti e le immagini che avevamo creato nella nostra mente. E la sorpresa e le sue emozioni sono state la ricompensa più bella!

Inseguivi un’idea, in quegli anni. Potevi avere qualche sfumatura nella testa, uno schizzo abbozzato di un’immagine inventata sulle parole di qualcuno incontrato negli scaffali di una libreria o in un bar di Buenos Aires, ma realmente non sapevi cosa aspettarti. E quando arrivavi era un’esplosione di emozioni, di colori, di forme nuove che ti caricavano di un’energia vitale esplosiva ed incontenibile.

Non che ora non sia più così, ma è diverso… io per sicurezza quando parto per un posto cerco di vedere meno immagini possibili: studio, leggo, mi informa, ma “non voglio vedere prima”.

Ma arriviamo al nostro viaggio ad Atacama:

Io e Valeria siamo partite da Cordoba, direzione Santiago del Cile, 19 ore di autobus superando una delle strade più spettacolari del mondo, quella del Passo del los Caracoles,   o del Cristo Redentor, dalla statua del Cristo Redentor delle Ande, che fu collocata a 4000 metri nel 1904, al confine tra Argentina e Cile.

In particolare, la sorprendente striscia di d’asfalto sul fronte cileno che, da oltre 3.000 metri, si snoda in picchiata in tornanti mozzafiato percorrendo un dislivello ddi circa 1000 m senza alcuna presenza di guardrail.

Arrivate a Santiago ci siamo fermate un paio di giorni. La Capitale cilena l’avevo visitata l’anno precedente, prima di lasciare il continente sudamericano al termine del mio anno di erasmus in Brasile: non potevo partire senza essere stata nella città di Isabel e Salvador. Avevo passeggiato per giorni tra le piazze e le vie che sono state teatro di una dittatura orrenda, emozionata guardando La Moneda e le sue ferite così visibili. Il Cile è per me un paese bellissimo, permeato ovunque da una strana malinconia, dolce e triste, che lo rendono unico.

Ma il viaggio doveva proseguire anche perché: IL DESERTO ERA FIORITO! Alcune persone incontrate ci avevano consigliato Copiapó o Vallenar. Come scegliere? Naturalmente a caso, e credo sia stata l’unica volta in cui ci ho preso: Copiapó è stato un regalo per gli occhi!

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Deserto di Atacama fiorito, ottobre 2005 (foto: Anna Luciani)

Il fenomeno del “desierto florido” è legato alle oscillazioni climatiche causate da El Niño, che generano un forte riscaldamento delle acque dell’oceano Pacifico orientale portando a un inusuale aumento delle precipitazioni, a seguito delle quali le distese sabbiose del deserto vengono ricoperte da una “esplosiva” fioritura di molteplici specie di differenti colori. La cosa incredibile è pensare che questo fenomeno avviene nel deserto più arido del mondo. Oggi la fioritura, a causa dei cambiamenti climatici, è un fenomeno che può avvenire anche più spesso (gli ultimi episodi sono stati nel 2015 e a sorpresa nel 2017).

Per chi fosse curioso delle specie che fioriscono vi lascio due link: Flores y Hierbas15 especies.

Dopo chilometri e chilometri di deserto e fiori siamo ripartite per San Pedro de Atacama, un’altra meta incredibile, all’epoca un piccolo villaggio sperduto tra le Ande organizzato lungo un strada principale, rigorosamente sterrata. Non ricordo molto delle strutture (ostelli/ristoranti ecc), ma ricordo una colazione a base di pancake di quinoa e marmellata di una squisitezza impareggiabile.

mappa dell’area attorno a San Pedro de Atacama (fonte: http://www.collectingrockstravel.com)

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Chiesa di San Pedro de Atacama, ed io (foto: Valeria)

San Pedro si trova su un arido altipiano delle Ande ed è il punto di partenza per raggiungere alcuni aree naturali strepitose, uniche e dalla bellezza extraterrestre: deserti, pianure di sale, vulcani, geyser e sorgenti termali.

  • La Valle della Lunaè una depressione che offre un paesaggio lunare con singolari formazioni rocciose, un’enorme duna di sabbia e montagne striate di rosa.
  • La Riserva Nazionale Los Flamencos / Laguna Chaxa
  • Villaggio Machuca

Minuscolo villaggio di non più di 20 case e una chiesa, collocato a 4000 metri sul livello del mare. Gli abitanti si dedicavano principalmente all’allevamento dei lama. Oggi (leggo) che si occupano anche di turismo.

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Villaggio Machuca (foto: Anna Luciani)

  • Lagunas Miscanti y Miniques

Miñiques è uno stratovulcano (?). Da wikipedia: “Uno stratovulcano è un vulcano di forma generalmente conica costituito dalla sovrapposizione di vari strati di lava solidificata, tefrapomice e ceneri vulcaniche. A differenza dei vulcani a scudo, gli stratovulcani sono caratterizzati da pendii piuttosto ripidi (fino a 45°) e da periodiche eruzioni di tipo esplosivo”. https://it.wikipedia.org/wiki/Stratovulcano

La Laguna Miscanti è un lago salmastro situato nell’altopiano della regione di Antofagasta, nel nord del Cile ed è una delle sette aree che compongono la riserva dos Flamengos.

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Lagunas Miscanti y Miniques (foto: Anna Luciani)

  • Geyser del Tatio

L’ultima tappa del nostro viaggio era Salta, la città coloniale meglio conservata di tutta l’Argentina. Appena arrivate abbiamo fatto un giro brevissimo per il centro, attratte dal colorato mercato centrale, ripromettendoci l’indomani di dedicare tutta la giornata a visitare quella vivace cittadina. Avevamo solo due giorni e due notti prima di rientrare a Cordoba.

E invece non so cosa ci sia venuto in mente, non ricordo perché i nostri fantastici piani siano andati a monte in un modo così assurdo. Credevamo di aver già dato in questo viaggio, invece il meglio doveva ancora venire (col senno del poi).

Il nostro ultimo giorno di viaggio abbiamo deciso di addentrarci nella Puna di Atacama, o Puna Argentina, ma la mancanza di informazioni precise ci avevano fatto credere che in mezza giornata potevamo “fare un salto e poi tornare”.

Per una descrizione di questa aree del nord dell’Argentina vi rimando a questo articolo del 2014 (9 anni dopo il nostro viaggio) di DOVE (Corriere Viaggi): Puna, Argentina da film e vi riporto alcuni stralci:

Vulcani alti 7000 metri. Distese nere di basalto, canyon infuocati, lagune blu. Una delle ultime frontiere selvagge del pianeta. A due ore da Buenos Aires

Trascurata dalle guide turistiche, con poche, essenziali, infrastrutture, la Puna è una delle ultime frontiere selvagge del pianeta. Si fatica a individuarla persino sulle mappe. Un vasto spazio bianco che si estende dalla provincia di Catamarca a quelle di Salta e Jujuy, con un lato appoggiato al Cile. Ha l’aspetto di un altopiano, ma dal punto di vista geologico è una cordigliera vulcanica, caratterizzata da depressioni, che corre fra i 3 e i 5000 metri di altezza. Un paesaggio dalla bellezza mutevole, con dune altissime, lagune smeraldo, distese nere di basalto, laghi salati, pennacchi di argilla, vulcani stilizzati come piramidi. Un luogo lunare, unico anche dal punto di vista climatico. (…) Si parte dalla città coloniale di Salta. (…) Per abituarsi gradualmente all’altitudine della Puna, dove ci si inerpica su passi che superano i 4000 metri, è consigliabile procedere per tappe. 

(noi naturalmente da 1150 a 3700 in 5 ore dirette)

L’articolo poi continua descrivendo un fantastico itinerario in più tappe della durata di svariati giorni.

Noi avevamo solo un pomeriggio e quindi abbiamo pensato di prendere il primo autobus di linea che da Salta raggiungeva San Antonio de Los Cobres, per rientrare poi in serata, pronte per la festa in paese. Appena salite vestite in canotta e jeans, giusto uno zainetto con macchina fotografica, cellulare nokia modello non pervenuto e qualche soldo, notiamo qualcosa di strano. L’autobus era pieno: tutti indios, Valeria ed io. Turisti zero.

La nostra gita prese in fretta un piega inaspettatamente avventurosa: pochi chilometri fuori dalla città la strada si trasformò in uno sterrato stretto a strapiombo sul nulla, costeggiando le alte pareti scoscese delle montagne senza alcuna protezione a separarla dal precipizio.

Solo qualche camion scendeva in direzione opposta, ma nelle 6 ore di viaggio ne avremo contati non più di 5. Ogni tanto, assolutamente in mezzo al nulla, in mezzo alla Puna appunto, giovani mamme con piccoli bimbi bellissimi scendevano e sparivano nel crepuscolo lasciando noi senza parole: ma dove vivono queste persone?

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lo vedete il bimbo nascosto dietro l’arco? questa chiesa era assolutamente in mezzo al nulla. Puna, Argentina ottobre 2005 (foto: Anna Luciani)

E noi dove stiamo andando?

Io ripensavo alle parole di mia mamma “mi raccomando Anna, vai, ma sii attenta e abbi cura di te”.  Appunto.

Comunque il paesaggio aveva un che di surreale e affascinante e le prime 4 ore sono trascorse guardando fuori dal finestrino quella bellezza pazzesca (le foto sono pessime e non rendono, sono state scattate dal finestrino dell’autobus).

Però era già pomeriggio, e noi la sera dovevamo andare ad una festa. Quindi ci avvicinammo all’autista chiedendo come potevamo rientrare per sera a Salta. Lui più stupito di noi a questa domanda ci risponde “ragazze, arriveremo per le 18.00 a San Antonio, non ci sono altri mezzi per rientrare fino a domani mattina. Ma se volete il prossimo camion che incrociamo chiediamo se vi porta giù”.

E fu così che dopo 6 ore di un viaggio allucinante ci trovammo in questo paesino (un viaggio di soli 164 km, in 6 ore, fate i vostri conti e no, non ci siamo fermati più di 20 minuti in totale), a 3775 s.l.m.  (è il centro urbano più elevato di tutta l’Argentina), in canottiera, senza un posto dove dormire.

Ora vi leggo cosa c’è scritto nella guida che avevo usato in quel viaggio.

In epoca coloniale le merci provenienti  dall’Argentina nord-occidentale venivano trasportate per mezzo di convogli che attraversavano gran parte della Quebrada de Humahuaca e si dirigevano verso Potosí.

Un percorso alternativo varcava invece gli aspri contrafforti della Puna de Atacama, scendeva verso il Pacifico e proseguiva per Lima. Un membro della spedizione di Diego de Almagro, i primi spagnoli ad attraversare la pula, al lasciato un resoconto indimenticabile del terribile viaggio di 800 km che, nella migliore delle ipotesi, dura circa 20 giorni: “ molti uomini e molti cavalli morivano assiderati perché né gli do menti né le armature potevano proteggerli dal vento glaciale. Molti morivano e rimanevano così, gelati, ancora in piedi appoggiati alle rocce e loro cavalli, anch’essi congelati, non si decomponevano ma restavano freschi come se fossero appena morti; e le spedizioni successive rimasti a corto di viveri, in battendosi in questi cavalli, erano ben dieta di potersi cibare.”

Ai viaggiatori che attraversavano le Ande la tetra cittadina mineraria di San Antonio de los Cobres deve sembrare un‘oasi, benché ancora nel 1914 la popolazione non superasse i 1000 abitanti punti. Fino a buona parte di questo secolo San Antonio era ancora un’importante stazione di transito per i mandriani e mercanti di bestiame che trasportavano le loro mandrie attraverso le montagne verso il Cile, le cui aride e strette vallate alluvionali non permettevano di produrre il cibo necessario nutrire minatori delle miniere di nitrato del deserto di Atacama.

Più avanti i muli furono soppiantati dalla ferrovia e da strade molto accidentate attraverso le Ande lungo le quali venivano trasportati alimenti e altri generi di prima necessità destinati agli insediamenti minerarie argentini. San Antonio de los Cobres, oggi 3500 abitanti, è una cittadina a popolazione prevalentemente india, ma i manifesti e le scritte di carattere politico scarabocchiate sui muri di mattoni cotti al sole contribuiscono a farci ricordare che siamo ancora in Argentina. Ai viaggiatori più intrepidi viene qui offerta l’opportunità di cimentarsi in uno dei più avventurosi e  interessanti attraversamenti di confine di tutta l’Argentina con il famoso Tren a Las Nubes i cui binari corrono paralleli e le mulattiere della Puna de Atacama fino alla Costa cilena del Pacifico.

Noi invece sulle mulattiere ci siamo andati con un autobus di linea sgangherato.

San Antonio è famosa in realtà proprio per questa linea ferroviaria che noi non abbiamo visto naturalmente. Ci fossimo organizzate meglio, avessimo avuto più informazioni, sarebbe stato un viaggio, quello in treno, sicuramente indimenticabile. 

Ma eravamo già felici della nostra avventura anche se in quel momento era tutto talmente assurdo che non ce ne rendevano conto! 

Appena arrivati l’autista si è preoccupato di condurci dal boss del paese, un’anziana signora che poteva essere benissimo una donna del sud Italia: piccola rugosa ma con una vitalità negli occhi invidiabile. Lei ci ha accolte con un fare un po’ rude ma molto protettivo dandoci un paio di chiavi che aprivano la porta di una stanza in un edificio in costruzione.  Chissà se oggi quel posto è un B&B? All’epoca era semplicemente un insieme di mattoni che dividevano spazi. Nella nostra stanza però c’erano almeno i letti.

Ora dovevamo risolvere altri due problemi:

  1. il freddo, 
  2. il cibo.

In paese abbiamo trovato un negozio di vestiti usati dove abbiamo comprato due maglioni terrificanti ma caldissimi, e la commessa del negozio ci ha indicato l’unico ristorante esistente in paese, un ritrovo di camionisti e minatori dove abbiamo mangiato il Bife del lomo più buono della storia.

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i maglioni quelli belli…ma che ti salvano la vita!

Eravamo così coinvolte e divertite da questa nostra avventura che il problema dell’ossigeno non me lo sono neppure posto. L’indomani mattina all’alba l’autobus ripartiva per Salta e con lui anche noi. Giusto in tempo per arrivare in città, recuperare le cose nell’ostello e ripartire per Cordoba. La tesi ci aspettava.

Questa sono io, 13 anni fa.

Questa sono io che, dopo aver letto “Le rose di Atacama” di Sepulveda, ho deciso che sarei andata in Cile e avrei visto il deserto di Atacama fiorito: una delle esperienze più magiche del mondo.

Questa sono la “io” che ha creduto nei propri sogni e li ha realizzati riempiendosi di Bellezza.

Questa sono quella “io” che ogni tanto dimentico, che ogni tanto perdo di vista anche se è la “me” più vera e più bella.

 

INFO:

Tren a las Nubes (“Treno delle Nuvole”) è un tratto della ferrovia transandina che, partendo da Salta e attraversando la Quebrada del Toro, raggiunge e supera i 4.000 metri di altitudine per attraversare la Cordigliera delle Ande ed arrivare in Cile. L’altitudine massima è toccata in corrispondenza del viadotto La Polvorilla, situato ad oltre 4.200 m s.l.m.

Sito internet del Stazione degli autobus di Cordoba, Argentina.

Sito internet del Stazione degli autobus di Santiago del Cile.

Se volete leggere altre avventure sudamericane:

QUELLA VOLTA CHE HO LETTO “LATINOAMERICANA” E MI SONO TROVATA NEL SUD DEL MONDO – DA BUENOS AIRES A PUERTO MONTT PASSANDO PER BARILOCHE

Anche voi avete un libro che ha ispirato un vostro viaggio?

______________

PS: Spulciando ho ritrovato la mail che avevo inviato ad amici e famiglia al ritorno del viaggio (la copio e incollo senza correggerla – la tastiera spagnola non aiutava – perchè è un reperto che io rileggo sempre con allegria e spiega anche perchè non abbiamo preso il Tren a Las Nubes):

Cordoba 19 ottobre 2005

Tutti voi sapevate che siamo venute fino in Argentina per fare la tesi…

Tutti voi però ci conoscete…e allora ecco che tra una revisione e l’altra la Vale e l’Anna si prendono una pausetta e decidono di fare una gita fuori porta… nel Deserto di Atacama. Metà della gente che abbiamo incontrato ci ha chiesto: ma cosa andate a fare nel deserto? Risposta: andiamo a vedere il deserto.

In realtà l’obiettivo era vedere il deserto fiorito, la meta precisa invece…da definirsi strada facendo!

Così è stato: arrivate dopo 17 ore di pullman a Santiago, dopo aver attraversato le ande e dopo esserci fatte sequestrare 2 mele e 2 arance alla dogana per rischio infezione mosca della frutta, si apre il dilemma: vallenar o copiapò? Vi chiederete cosa siano sti due nomi..anche noi, ma sapevamo da fonti incerte che in teoria erano i posti più probabili in cui poter vedere qualcosa di simile a dei fiori nel deserto. Sfruttando il formidabile nonché famosissimo sesto senso della Vale , che disse “ a me copiapò come nome sta simpatico” ci siamo imbarcate sul primo pullman verso nord…altre 12 ore, altra notte passata in autobus! Chiaramente, siccome la Vale ha sempre ragione, nonostante un arrivo nella città avvolto nella nebbia, i fiorellini c’erano ed erano pure tanti e belli! Sembravano tappeti colorati nel deserto!

Le due però non contente decidono di passare un’altra notte in autobus: la terza, e qui sorvoliamo sulla descrizione del nostro stato e delle nostre condizioni igieniche! Via di nuovo, verso nord… verso San pedro de atacama! altre 12 ore per raggiungere finalmente una ostello…quindi un letto e una doccia!

Riprese le sembianze umane potevamo buttarci come due scout nelle escursioni più disparate tra dune, saline, altipiani e laghi.. Peccato solo fossimo a più di 4000 metri e per poco alla Vale non prende un colpo! Non respirava più..e non credo fosse l’emozione divedere fenicotteri e lama!

Non contente, perché non farsi bollire dagli spruzzi roventi dai geyser alle 4 della mattina? Valà che c’erano le foglie di coca!!!

Stanche del cile ci siamo rimesse in viaggio verso casa, e in fondo il pullman ci mancava un po!

Destinazione Salta!

Bastava solo superare di nuovo le ande!..e un dislivello di 2000m!!

Lekker!!!

Vi lasciamo immaginare l’emozione di un autobus in curva a picco sul nulla! Arrivate a salta e ospitate nell’ostello della nonna, l’Anna che notoriamente è una donna con un gran fiuto per gli affari, si incazza col nonno dell’ostello perché propone la camera a 15 pesos a persona mentre lei sosteneva che avevano accordato per 20!! Non contenta, dopo essersi presa qualche sonora gomitata dalla Vale, che invece, sveglia, aveva colto il risparmio, l’Anna persevera nelle sue contrattazioni! Stavolta l’oggetto è un sacchetto di foglie di coca: la venditrice propone 1,50 pesos e l’Anna prontamente fa eco dicendo convinta 50 PESOS!!!

Ancora una volta valà che c’è la vale a salvare la situazione…e le due si avviano col loro sacchetto.

Ma dietro l’angolo un nuovo affare, il MIGLIORE!

Risparmiare 85 euro sostituendo il turistico tren a las nubes, con un autobus di “linea” che fa lo stesso percorso attraverso l’entroterra di salta, ovviamente sulle ande, fino ad un paese sperduto di massimo 3000 abitanti, tutti indio, a 4000 metri…a qualche ora dalla città. Peccato che le ore fossero 5, la strada sterrata e nessuno, di notte, era disposto a riaccompagnare le due desperadas!!! Si prospettava una notte sulle ande in canottiera e giacchino leggerino leggerino, perché tanto qui si va verso l’estate!…per fortuna che la vale aveva desistito, la mattina, dal le havaianas!

L’autista colto da senso di pietà ci trova una sistemazione nella casa diroccata del BOSS, una vecchietta di 1000 anni che affittava camere ai turisti che passavano di li non si sa bene per quale motivo!

Questa volta però, l’Anna da prova di aver imparato qualcosa: nota, in questo paese così vivo e stimolante, un negozio di roba usata dove per 6 pesos le due disgraziate riescono a guadagnarsi la sopravvivenza: due maglioni, una fucsia di almeno 8 taglie più grande, e uno tirolese che mantengono la temperature al limite dell’accettabile!

Superata la notte oramai il più era fatto…mancavano solo altre 5 ore di tornanti ai 5 all’ora su una strada sterrata!!!

E ora siamo qui…nel nostro appartamentino a Cordoba dove la vale è crollata miseramente come una calzetto usato..ma si riprenderà…speriamo..con le amorevoli cure di mamma Anna!!

 

 

 

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3 risposte a “Voglio vedere le Rose di Atacama – la mia avventura nel Nord del Cile

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